Ripartenze: La Parola e la Cura

di Giorgio Bert
Perché rimettere in pista La Parola e la Cura? Semplice: perché di uno spazio di confronto del genere esiste di fatto un bisogno, e lo testimoniano incontri di formazione, email, notifiche FB e molti altri mezzi di comunicazione.
Ci guiderà in questo nostro “rinascimento” uno studioso vecchio di quindici secoli: il santo vescovo Isidoro di Siviglia, che per primo si prefisse lo scopo di riunire in una grandiosa opera enciclopedica tutto il sapere del suo tempo; l’opera è nota come “Etimologie o Origini”.
Prima di dire “Uffa!” fermatevi un momento ad ascoltare: qui Isidoro parla di salute e di medicina.
"La medicina è la disciplina che custodisce o restaura la salute del corpo: oggetto del suo studio sono le malattie e le ferite. Ad essa, di conseguenza, compete non solo quanto offre l’arte di coloro che sono chiamati propriamente medici, ma anche l’attenzione per i cibi e le bevande, le vesti ed i rivestimenti: ogni difesa, insomma, e fortificazione in virtù delle quali il nostro corpo si mantiene [sano e] al riparo dai colpi e dai pericoli derivanti da agenti esterni. (…)
La medicina " abbraccia l’intero campo dello scibile. Un medico, infatti, deve conoscere la grammatica per comprendere o esporre ciò che legge. Allo stesso modo, deve conoscere la retorica, per dare una definizione esatta della materia del proprio studio, e così pure la dialettica, per la necessità di porre la ragione alla base dell’esame e della cura delle cause d’infermità, nonché l’aritmetica, per computare il numero delle ore e dei giorni nel caso di accessi periodici. Non diversamente, il medico conoscerà anche la geometria, utile a quello studio delle caratteristiche regionali e della posizione dei differenti climi in virtù del quale è possibile indicare le precauzioni da prendere in ciascun luogo, e non ignorerà la musica, poiché sono numerose le testimonianze dei suoi effetti benefici in uomini malati: così si legge di Davide che strappò Saul da uno spirito immondo mediante l’arte della modulazione, e del medico Asclepiade che restituì la salute ad un malato di frenesia servendosi della combinazione di differenti suoni. Infine, conoscerà l’astronomia, attraverso la quale si osservano il corso regolare degli astri e la variazione delle stagioni: come dicono alcuni medici, infatti, il mutare delle caratteristiche astrali produce modificazioni anche nei nostri corpi. In virtù di tutto ciò, la medicina è detta essere una seconda filosofia: ambedue le discipline, infatti, rivendicano per sé la totalità dell’essere umano, poiché, come attraverso quella si curano le anime, così attraverso questa si curano i corpi.”
La salute quindi riguarda non solo le malattie ma anche gli stili di vita, il clima, l’ambiente. “Custodire” la salute è già prevenzione.
La conoscenza al tempo di Isidoro si basava su sette radici, le cosiddette “arti liberali del Trivio e del Quadrivio” (le ho evidenziate nel testo originale). Le prime tre (Grammatica, retorica, dialettica) riguardavano gli aspetti immateriali, mentali del sapere: la parola, i significati, le relazioni… Le altre quattro (aritmetica, geometria, musica, astronomia) erano i saperi del “fare”, del misurare delle “cose” materiali: oggi parleremmo di “tecnica”.
Le sette radici erano propedeutiche a tutta la conoscenza, alla filosofia, alla teologia.
Con un’immagine ardita e attualissima Isidoro considera la medicina, intesa come custode e restauratrice della salute, non una semplice disciplina ma una “seconda filosofia”.
Sull’attualità di questo pensiero premoderno, su cui poggia tuttora il nostro, merita davvero riflettere.
È evidente che secondo Isidoro la medicina è frutto di una interconnessione di saperi e non si limita all’arte di coloro che “sono chiamati propriamente medici”; ma questi ultimi, in quanto seguaci di una “seconda filosofia” dovrebbero avere sempre in mente la complessità del sapere, l’inestricabile intreccio delle radici della salute.
La prevalenza delle arti del Quadrivio, del sapere tecnico, è una deriva non equilibrata del nostro tempo.
L’ignoranza delle arti del Trivio produce la perdita di significato delle parole, che vengono così usate a casaccio, ognuno a suo modo, riproducendo in chi chi ascolta confusione e irritazione.
Grammatica, retorica e dialettica sono necessarie per “ripulire” il linguaggio, per renderlo sensato e significativo, per dare evidenza e forza al pensiero
Tra Trivio e Quadrivio, tra numeri e parole, senza coincidere con né con gli uni né con le altre, abita la Cura (uso la“C” maiuscola per non confonderla con la cura intesa come terapia): La Cura è sollecitudine inquieta, è prendersi cura gli uni degli altri: la Cura del malato è prioritaria, ma anche il curante ha bisogno di Cura e capita che sia il malato steso a offrirgliela.
Questo spazio, questa piazza virtuale dove si incontrano la triplice e la quadruplice via del sapere, dove” prima e seconda filosofia”, cura del corpo e cura dell’anima, si intrecciano, è il luogo che proponiamo per La Parola e la Cura.
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